mercoledì 12 marzo 2014

Il topo (di biblioteca) buongustaio

Per mangiare come i personaggi dei libri

Signore, signori e... topini, è con grande piacere che vi annuncio l'inizio di una nuova rubrica che delizierà i vostri occhi di lettori e i vostri palati di mangiatori.
Con un aiutante preso in prestito dalla Pixar, d'ora in avanti punteggerò il blog – di nuovo, senza alcuna regolarità garantita, il che forse strapperebbe a questo spazio la legittimità del nome di “rubrica” – di ricette che vi aiuteranno a riprodurre, nel modo più fedele che io riesca a trovare, i cibi che vediamo finire in bocca ai nostri personaggi preferiti.
Saluta il pubblico, Rémy.
Rémy: Bonjour a tutti quanti! Sentite che profumino?
Eh, sì, perché il nostro amico francese è un topo, ma anche un cuoco, e per stavolta fingeremo che sia pure un topo... di biblioteca. E non mi stupisco affatto che senta già un odorino invitante, perché tanto per restare in tema, quest'oggi si parla di formaggio.
Rémy: Evviva! Va bene, allora ci sto, stringiamoci le zampe.
Ehm... non sapete di cosa sta parlando, vero? Presto detto: il poverino aveva paura di me perché mi faccio chiamare Gatta, così gli ho promesso che se mi avesse dato una mano... ops... una zampa, la prima ricetta sarebbe stata a base di formaggio e se la sarebbe potuta sbafare tutta.
Forse, però, il personaggio che ce la consiglia non ci capirebbe se dicessimo “formaggio”, quindi aiutiamolo un po' e chiamiamolo come fa lui, “casio”.
Qualche lettore c'è già arrivato? Sissignori, stiamo proprio parlando di Salvatore, il monaco de Il nome della rosa di Umberto Eco che si presenta senza mezzi termini con un «Penitenziagite!» e poi ci inonda di strane parole, un po' in latino, un po' in italiano, un po' in spagnolo, un po' (correggetemi se sbaglio, non so se l'esame di Filologia romanza che ho alle spalle mi sia venuto molto in aiuto) in provenzale... Un proto-esperanto, come lo chiama la mia fonte, e una lingua patchwork, come la chiamo io, fatta tutta di pezzetti di altri idiomi che ha sentito parlare durante la sua vita non proprio tranquilla. Lo si capisce, con un po' di sforzo qui e là, e pertanto c'è chi ha tradotto la sua ricetta. Eh, sì, perché qui siamo di fronte a uno dei rari casi in cui il piatto non solo si nomina e poi si mangia, ma si spiega pure, anche se in modo un po' raffazzonato: Salvatore ce la mette proprio tutta per far capire ad Adso cos'ha intenzione di preparare sgraffignando i pochi ingredienti necessari dalla cucina. E così, senza ulteriori indugi, ecco a voi...


Il casio in pastelletto di Salvatore

Ingredienti:
Formaggio tipo latteria
Burro o strutto
Zucchero di canna
Cannella in polvere

Procedura:
Prendere del formaggio non troppo vecchio e non troppo salato e tagliarlo a fettine. Mettere sul fuoco una pentola con un po' di burro o strutto e porvi le fettine a intenerire.
Quando la cottura è quasi ultimata, spolverare con zucchero e cannella.
Servire caldo.

Rémy: Parbleu! Ma che ricetta strana! Sicura che si capisca?
Eh, lo so, caro il mio topolino, ma questo è (molto letteralmente, direi) quello che passa il convento: la spiegazione che ho messo alla voce Procedura è la traduzione di quel che dice confusamente il nostro monaco e la lista è dedotta solo da quel passo. Altro non c'è, e me ne dispiaccio. Forse Salvatore non era bravo con i numeri, forse nel Medioevo si cucinava un po' a occhio, questo non saprei dirlo, ma non c'è traccia di dosi precise e perfino il tipo di formaggio e di zucchero sono stati delle brillanti intuizioni di qualcuno con più conoscenze storiche e culinarie di me.
Sappiate questo: se ci provate e non vi piace, non è detto che siate stati voi a sbagliare qualcosa, può essere benissimo che il vostro palato non vada tanto d'accordo con i gusti dei medievali. Non chiedetemi testimonianze dirette, io non l'ho assaggiata, ma del personaggio mi fido pochino. Voi sarete di certo più coraggiosi di me.
Rémy: Dovresti provare! È formaggio! Slurp!
Be', voi ditemi com'è e poi forse un giorno tenterò. Sinceramente, prima di buttarmi su un formaggio cucinato “alla trecentesca”, vorrei qualcosa di più della recensione positiva di un topo.
Non vi preoccupate, la prossima volta saprò darvi molte più certezze. Un indizio? Forse l'ingrediente segreto della puntata numero due del Topo Buongustaio è un pizzico di magia.
A presto!
Rémy: Au revoir! Alla prossima ricetta, gente!

Diamo i meriti a chi li ha.
La traduzione della ricetta e le precisazioni di metodo appartengono a: http://cantosirene.blogspot.it/2008/08/ricette-letterarie-1.html

2 commenti:

  1. Non mi è ben chiaro cosa sia il formaggio latteria...immagino qualcosa di simile all'Asiago?

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    1. Purtroppo posso solo fare supposizioni: mi viene da pensare che tu abbia ragione, ma come ho detto, ancora non ci ho provato e il tipo di formaggio è stato scelto da qualcuno di migliore di me in base (presumo) a quelli realmente disponibili nel Trecento che corrispondessero alla descrizione di Salvatore.

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