Nomino tutti i miei lettori. La sfida? Trovare un'alternativa
Dance the night away
Grab somebody, drink a little more
Grab somebody, drink a little more
Jennifer
Lopez, On
the Floor
Pulling up to the
parties
Trying to get a little bit tipsy
Trying to get a little bit tipsy
Ke$ha,
Tik
Tok
Tutte e due canzoni che quando
entrano in testa non ne escono più per un bel po'. Eppure io
continuo a chiedermi: perché? Perché perfino nella musica di questi
ultimi anni si incita a bere?
Sarà che sono ostinatamente
astemia, e non tanto per questioni morali quanto di gusti, dato che
devo ancora trovare una qualunque bevanda alcolica che abbia per me
una pur minima attrattiva a parte quelle che si tracannano nel
villaggio di Hogsmeade, ma per me questa enfasi sul bere, oltre che
preoccupante, è anche difficile da capire.
Faccio
un'ipotesi: può essere che l'alcol si sia trasformato in una sorta
di rituale che ha un po' della cerimonia di passaggio e un po' della
prova di forza, del tipo “se tu non bevi non fai parte del gruppo,
quindi devi farlo, e una volta che l'hai fatto, sappi che
consideriamo chi beve di più migliore di te, quindi vedi di alzare
ancora l'asta (o il gomito)”.
Se così è, non posso far altro
che sospirare e pensare che forse mi troverei meglio in qualche tribù
delle foreste equatoriali che in quella, gigantesca ma pur sempre una
tribù, della civiltà occidentale.
Mi direte che se non bevo non
posso sapere come funzionano queste dinamiche, e forse è vero, però
– anche solo come osservatrice esterna – un'ideuzza posso ben
averla anch'io, e questa supposizione mi sembra dimostrata con
ragionevole sicurezza dai millantatori post-serata che raccontano, a
voce o (peggio) su Facebook: «Che sbronza! Ho bevuto tantissimo! Non
mi ricordo più niente!».
Se
almeno lo dicessero con un tono pentito, aggiungendoci in fondo un
“mai più” (che poi magari non verrà rispettato, ma per
stavolta, come con i regali, è il pensiero che conta), non mi
verrebbero i brividi a sentire o leggere storie simili. Ma di rimorso
non c'è nemmeno l'ombra: questo esemplare umano di solito si vanta
di quanto ha bevuto come se fosse una gran bella cosa, un atto di
superiorità da esibire pubblicamente, una medaglia al valore. Vale
la pena di mettersi in imbarazzo, vale la pena di star male, vale la
pena di mettere in pericolo sé e forse anche gli amici, vale la pena
anche di avere più buchi di un formaggio svizzero nei ricordi della
serata, perché se uno resiste e beve tanto, è come un cacciatore
che torna vincitore con una grossa bestia abbattuta caricata in
spalla e bisogna celebrarlo come il migliore della combriccola,
tributandogli tutti gli onori del caso.
Voglio ben sperare che tra questi
onori ci siano anche le cure necessarie ad arginare la vasta gamma di
effetti collaterali a lungo termine dell'alcol: solo per fare una
lista degli organi del corpo umano che, per personificarli come
faceva quel vecchio cartone che insegnava la biologia ai bambini, non
ne sarebbero tanto contenti, bisognerebbe andare dal cervello al
cuore e dal fegato all'apparato riproduttivo*. Sempre su questa
linea, a chi bada alle calorie che assume farà piacere (o non tanto
piacere) sapere che, giusto per sceglierne un paio a caso, un mojito
ne contiene 202,5 e un daiquiri 247,5**. Adesso la bevuta con la
comitiva sembra un filino meno attraente, eh?
Lasciando perdere le
considerazioni sulla guida in stato d'ebbrezza che sanno di
moralistico ancor più di quanto detto finora, poniamoci una domanda
di ordine pratico: ma se a furia di buttar giù alcolici ci si
ricorda la serata poco e male, che senso ha averla vissuta? Se devo
essere sincera, io quando passo qualche ora piacevole coi miei amici
preferisco conservarne la memoria per benino! Perché sostituire i
ricordi naturali con quelli artificiali delle foto e dei video da
pubblicare sui social network quando, con qualche cocktail in meno,
si potrebbero avere entrambi e, come bonus, il materiale risultante
non rischierebbe di danneggiare l'immagine pubblica di chi vi
compare? Pensateci bene, ve ne prego. Se condividete un album che vi
raffigura col bicchiere in mano in due immagini su tre, i vostri
amici che passano di lì sorrideranno e vi lasceranno tutti i “mi
piace” che vi aspettavate, ma cosa penserebbe di voi una persona
che invece vi conosce meno? Siete sicuri di voler passare per gli
ubriaconi che di certo non siete solo per aver preso la malaugurata
decisione di cliccare un tasto?
“Eh,
ma non è lo stesso”. Di frasi simili ne ho già sentite a iosa,
sia in merito all'alcol sia alla preferenza per le ore piccole (anche
quello è un bel mistero: come mai la stessa attività dovrebbe
essere meno appassionante alle otto di sera che all'una di notte?). E
le domande riprendono a piovere numerose: cosa non è lo stesso? Il
divertimento? Le sensazioni?
Per le seconde, se vi piacciono
non sarò certo io a dirvi di smettere, e non intendo affermare
neppure che un mondo di soli astemi sarebbe perfetto. Un goccio ogni
tanto, con moderazione, non uccide nessuno, suppongo, e ci sono anche
festività tradizionali, una su tutte il Capodanno, che senza
brindisi parrebbero mutilate: se la tradizione dice che tocca bere, o
perché dovrebbe portar bene o perché semplicemente lo fanno tutti,
pazienza, che lo si faccia pure. Basta non cominciare l'anno nuovo
coi postumi!
Ma
il primo, se ci penso, mi fa sorgere soltanto un enorme perché?
Perché il divertimento non dovrebbe essere lo stesso se non si beve?
Con dell'alcol in corpo magari si è più sciolti, più sicuri di sé,
e quella è una condizione che cerchiamo tutti quando ci ritroviamo
in un gruppo numeroso. Va bene, lo capisco. Ma perché ci si dovrebbe
divertire di meno o per nulla senza? Di attività divertenti in cui
si resta sobri ce ne sono per tutti i gusti! Se fosse una condizione
necessaria per passare del tempo in maniera piacevole, saremmo tutti
alcolizzati fin dall'infanzia, no? Eppure vediamo tantissimi bambini
perfettamente in grado di farsi delle grasse risate con i loro
completamente analcolici giochi.
Sento già le proteste: si
cambia, quello che divertiva da piccoli non è altrettanto gradevole
da grandi, non puoi pretendere che la soluzione sia una regressione
all'infanzia di massa!
No, certo, ma anche gli adulti
hanno fior di passatempi che non prevedono di bere. Leggete qualcosa
di buffo. Portate fuori il cane. Tirate fuori i giochi di società
dalle loro scatole impolverate. Provate la sfida contraria: resistere
a un film intero con i vostri amici senza una sola goccia d'alcol nel
rinfresco. Se volete l'adrenalina, sperimentate il bungee jumping, e
se invece è proprio andare a ballare quel che cercate, non penso che
le scuole di danza abbiano tutte un cocktail bar annesso e si faccia
lezione da ubriachi.
Sicuramente a qualcuno nessuna di
queste alternative sembrerà valida, ma spero che vi rendiate conto
che è una lista molto parziale. Vi inviterei gentilmente ad
ampliarla, ma non so quanto sarei ascoltata, quindi proviamo in un
altro modo e vediamo se funziona.
Conoscerete, immagino, la
Neknomination, quel nuovo gioco tanto di moda in cui qualcuno si
filma mentre beve una birra (o anche qualcosa di più forte) tutta
d'un fiato e poi sfida alcuni amici a fare lo stesso (Wikipedia mi dice due, io avevo capito tre, per poi essere
smentita da casi reali in cui ne sono stati coinvolti quattro: pare
la storiella della notizia gonfiata dai giornali in cui il numero di
cani che avevano sbranato un povero malcapitato aumenta di testata in
testata), creando così una catena potenzialmente infinita di bevute
che, pare, ha già causato anche diversi morti. Per fortuna c'è già
chi si è reso conto del rischio e ha reagito facendone tutta una
serie di parodie di livello culturale più o meno alto, dal bere
innocue spremute al leggere citazioni dai propri libri preferiti.
Voglio provarci anch'io, e stavolta infrangendo i limiti numerici
previsti dal gioco originale. La mia sfida: la prossima volta che
cercano di coinvolgervi in una serata ad alto tasso alcolico,
proponete un'alternativa astemia qualsiasi. Siete tutti nominati!
Tre, due, uno, via!
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