Il nuovo Indice dei libri proibiti
Cari lettori, oggi si torna a parlare
di libri, e stavolta il plurale è più opportuno, perché invece di
uno ne tireremo in causa diversi.
Cominciamo con una domanda: che
cos’è la letteratura? Non preoccupatevi se non riuscite a
rispondere, o se avete l’impressione di non aver detto tutto: hanno
tentato in moltissimi prima d’ora, e nessun fior di scrittore o
critico è ancora riuscito a dare una definizione succinta che metta
d’accordo tutti quanti.
Eppure, di gente che ama ergersi su un
pulpito immaginario e provarci lo stesso ce n’è, sia competente
sia un po’ meno, e per facilitarsi il compito, in tanti fanno un
giro più lungo e cominciano a procedere per esclusione, parlando
invece di cosa non è.
Come metodo potrebbe anche funzionare,
sennonché i volumi e, peggio ancora, gli autori bollati da costoro
come “non-letteratura”, neanche fosse il Non-Compleanno di Alice,
di solito fanno una fine impietosa, inondati da critiche feroci piene
di punti esclamativi e di parole che ci aspetteremmo di udire più in
una bisca clandestina che in un circolo di lettori, magari
allontanando persone potenzialmente interessate che non hanno quasi
mai preso in mano un libro prima, e cominciando da quelli potrebbero,
un giorno, passare ad autori migliori. E questo, se siete topi (o
gatti, o cani, o armadilli) di biblioteca come me, vedete bene che è
un gran peccato.
A un bambino che sta appena imparando a
leggere si mette in mano Dante? No! Gli si danno libri di cartone con
una o poche parole per pagina, poi libretti illustrati che abbiano
ancora più figure che frasi, poi pian piano gli si consigliano
storie in cui il rapporto immagini-testo si sbilanci verso il secondo
e la trama, entro i limiti della sua comprensione, magari
s’infittisca, fino al gran giorno in cui riuscirà a leggere da
solo un libro in cui di disegni non c’è nemmeno l’ombra e le
parole su ogni facciata sembra che non finiscano mai. Sentite per
caso delle infiammate recensioni che stronchino quei primi libriccini
accusandoli di essere senza spessore? Di nuovo, la risposta è, o
spero che sia, un grande e grosso no, perché sono utili così come
sono.
E forse è brutto dirlo, ma ci sono
persone che imparano a leggere a scuola, ma poi fuori dall’aula lo
fanno così poco che è quasi come se fossero bambini nel corpo di
adulti. I romanzetti scadenti contro cui ci si scaglia con tanto
furore potrebbero benissimo, in qualche caso, avere per loro lo
stesso valore dei libri illustrati per l’infanzia: li si prende in
mano, vuoi perché le feroci operazioni di marketing che li sbattono
in faccia ai passanti ad ogni angolo hanno fatto il loro effetto,
vuoi perché li si riceve in dono da un innocente amico lettore che
regalerebbe libri anche ai sassi; si prova a fare quest’esperienza
nuova che si chiama leggere e, stranamente, la si apprezza; dopo il
primo si passa al secondo, e poi al terzo, e poi al quarto, e in capo
a qualche settimana o mesetto ci si ritrova non dico biblioteche
ambulanti, ma almeno non più una di quelle persone che dichiarano di
leggere meno di un libro all’anno, buttando drammaticamente giù i
valori delle nostre statistiche.
«Il libro di Tizio fa schifo!»
«Caio non è letteratura!»
«Non leggere Sempronio, non è un vero
libro!»
In qualche caso questi giudizi di
valore possono pure essere corretti, ma ci rendiamo conto che se
tutti seguissero questi consigli, per quanto ben intenzionati, la
gente leggerebbe ancor meno di quanto lo faccia ora? Un cattivo libro
con una trama scontata e personaggi sottili come carta velina è
comunque un insieme di pagine, di righe, di parole da macinare, che
può fare da trampolino di lancio verso qualcosa di meglio che
altrimenti non si scoprirebbe mai!
Adori le storie d’amore? Nutriti pure
di tutte le smancerie a poco prezzo che vuoi, basta che un giorno o
l’altro tu scopra che nell’universo della parola scritta ci sono
coppie migliori per cui fare un tifo sfegatato dal momento in cui ti
vengono presentate fino a quello in cui giungono sane e salve a
coronare il loro sogno (o, a seconda dei casi, anche no), e non tutte
si basano sull’immortale schema del «Ti odio!» che qualche
capitolo dopo, senza che si sappia bene come né perché, magicamente
diventa un «Ti amo!».
Quando si è già veterani, allora ci
si può ben permettere di sentirsi superiori a certi titoli di scarsa
qualità, ma se si è nuove reclute, la formula magica è leggere,
leggere e ancora leggere. Per chi è a digiuno di libri la
selettività può arrivare dopo, ed è un bene che arrivi, ma non
deve per forza esserci da subito. Meglio imparare ad amarli leggendo
quel che piace che imparare a odiarli leggendo quel che si dovrebbe.
Di gente che giudica i libri ce n’è
fin troppa, ma quello che non mi va molto giù è che si giudichino
con altrettanta facilità le persone, come se un essere umano si
potesse recensire.
Non è affatto scontato che chi ha
letto uno, o anche parecchi, libri pessimi non ne sappia riconoscere
uno buono se ce l’ha sotto il naso: certo, c’è chi non ha ancora
fatto il grande salto dai romanzetti di bassa lega ai classici e
forse non ci riuscirà mai, ma c’è anche il lettore vorace che si
occupa un po’ degli uni e un po’ degli altri, perché
ammettiamolo, i grandi autori si sono meritati l’appellativo di
“grandi” per un motivo, ma l’ultimo fenomeno editoriale scritto
in modo dieci volte più semplice sarà assai più piacevole per un
cervello stanco dopo un’intensa giornata di lavoro o di studio. E
poi, naturalmente, c’è la fetta – ahimè, temo che non sapremo
mai quanto grande – di quelli che per darsi un tono negano di aver
mai toccato certi libri e in pubblico raccontano di dilettarsi solo
con certi altri, con l’aria di chi paragona il più fine cioccolato
svizzero con quel che resta attaccato alla suola della scarpa di un
passeggiatore disattento che abbia appena incrociato il cammino di un
cane dal padrone particolarmente incivile. Ma siamo proprio sicuri
che, nel chiuso delle loro stanze, questi snob della lettura facciano
esattamente ciò che predicano?
Immaginate di intraprendere un lungo
tragitto in treno, di quelli che durano ore e ore e non si possono
affrontare senza portarsi dietro qualche espediente per ammazzare il
tempo, sia esso un libro, un lettore MP3 che contenga un infinito
concerto dei vostri artisti preferiti o chissà quale occupazione a
vostra scelta.
Nello scompartimento ci siete solo voi
e un perfetto sconosciuto del tutto anonimo, il genere di persona che
non riuscireste più a riconoscere se si perdesse in una folla, tanto
il suo aspetto è ordinario e privo di qualsivoglia segno particolare
o altro indizio sul suo carattere. Il vostro compagno di viaggio sta
leggendo un volume di cui avete sentito parlare o benissimo o
malissimo, senza vie di mezzo: in milioni lo amano, ma quelli che voi
considerate i veri conoscitori della letteratura lo detestano.
Insomma, la tipica meteora dell’editoria che secondo voi durerà
qualche mese e poi sparirà, e che di certo non si può definire un
buon libro. A giudicare da quante pagine gli restano ancora davanti,
certamente a questo ritmo lo finirà prima di scendere.
Osservatelo per un po’, poi
dedicatevi al vostro passatempo. Alzate pure gli occhi verso di lui
di tanto in tanto, per guardare con disprezzo questo ignorante che
non sa cosa sia un bravo scrittore… Ehi! Un momento! Mentre eravate
distratti, ha terminato il libro, l’ha messo via e ne ha cominciato
un altro. Vediamo un po’ di cosa si tratta. Accipicchia! È
nientemeno che Delitto e castigo di Dostoevskij, e questo
strano lettore che fino a un attimo fa era così preso dalla sua
brutta non-letteratura adesso sembra altrettanto incantato da
qualcosa che lo è decisamente, e per di più, dall’atteggiamento e
dall’espressione, non si direbbe che non lo capisca.
Ora ditemi: il vostro compagno di
carrozza è ancora un ignorante incapace di riconoscere una lettura
di qualità? O non è piuttosto uno che con esse deve avere almeno un
po’ di confidenza, ma che fino a poco fa aveva scelto di rilassarsi
con qualcosa di più leggero, forse consigliatogli da un amico con
abitudini diverse dalle sue? Magari – che ne sapete? È un completo
estraneo, ricordate? – non sarebbe mai arrivato a Dostoevskij se
non avesse, un giorno di tanti anni fa, aperto un libro che tutti
consideravano scadente come quello che aveva in mano prima…
È un’operazione quantomeno rischiosa
giudicare una persona in base ad alcuni dei libri che ha letto, o
peggio, uno solo: conoscendoli tutti, o almeno molti, saremmo già
più vicini a un quadro completo delle sue idee e inclinazioni, ma
tacciando di cattivo gusto nel migliore dei casi e d’ignoranza nel
peggiore chi ha letto un libro che non ci piace rischiamo di
ottenerne un’immagine distorta proprio perché parziale, come nella
storiella dei ciechi che, toccandone una parte ciascuno, si facevano
tutti idee diverse, una più assurda dell’altra, di come fosse
fatto un elefante.
Tirando le somme, non dico che
tutto quel che è scritto sia letteratura, ma non vedo la necessità
di mettere all’Indice tutto ciò che non lo è, come si faceva un
tempo con i libri eretici: così facendo, si ottiene solamente di
negare a molti un innocuo divertimento e a qualcuno il primo passo di
un lungo percorso lastricato di letture assai migliori.
Sebbene qualche post fa io abbia
cercato di dimostrare che i tempi d'oro della maestra unica erano al
massimo placcati, trovo opportuno concludere con parole non mie, ma
riportatemi da mia madre, che le attribuisce alla sua insegnante
delle elementari: leggete. Anche Topolino, basta leggere.
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