sabato 14 giugno 2014

Sgranocchiando popcorn: "Maleficent"

Una fiaba classica come non l'avete mai vista

Salve a tutti, cari lettori! Ebbene sì, sono ancora viva. Perdonate la prolungata assenza, ma una gatta di biblioteca sotto esame tende a ritirarsi nella sua tana e non uscirne più per un po', eccezion fatta per l'occasionale capatina al cinema.
In questo caso si tratta della pellicola del 2014 Maleficent, debutto da regista di Robert Stromberg, con Angelina Jolie nel ruolo della malvagia protagonista. 
Un momento, siamo proprio sicuri che sia così malvagia? Il nome sembra certamente suggerirlo, ma già le prime scene sembrano voler ribaltare il punto di vista tradizionale. La creatura cornuta e alata che è Malefica da bambina pare proprio un perfetto esempio di bontà, amica di tutti nel regno fatato chiamato semplicemente Brughiera e tutta intenta a usare la sua magia solo per cosette perfettamente innocenti. E già qui concedetemi un momento di perplessità: bravissimo, caro il mio regista, sei riuscito a farmi capire che il tuo intento è di mostrarmi che Malefica non è nata cattiva... e allora perché il nome? Ma dico io, come si fa a chiamarsi “Malefica” senza sentirne neanche un po' il peso? Non avrebbe avuto più senso che in origine avesse avuto un altro nome dolce, carino e fiabesco al punto giusto, per poi assumere “Malefica” come pseudonimo più avanti?
Perché, come vedremo, cattiva lo diventerà eccome. La gigantesca differenza è che, se nella fiaba classica la fata malvagia è uno di quei cattivi che sono “cattivi e basta” e arrivano a rovinare la festa a tutti senza che si stia a spiegare il perché e il percome, la prima parte del film esplora proprio le sue motivazioni, facendo di qualcun altro il vero antagonista della situazione.
Questo qualcuno è nientepopodimeno che re Stefano, futuro padre della principessa Aurora, che fa la conoscenza di Malefica quando sono entrambi ragazzini e fa amicizia con lei, un'amicizia che pian piano diventa anche qualcosa di più. La nostra fata si fida di lui al punto di rivelargli l'unica grande debolezza della sua specie, cioè che non sopportano il contatto con il ferro. Segnatevelo, perché è uno di quei particolari che torneranno a prendere i protagonisti a sonori calci nel sedere. E a proposito di dettagli da ricordare, guardate bene quella volta in cui Stefano fa l'esperienza del volo attaccato a un piede di Malefica per poi scivolare e cadere in acqua. Fa solo ridere, sul momento, ma non dimenticatelo.
Raggiunta la fatidica soglia dei sedici anni (vi ricorda niente? Eh, sì, è la stessa età a cui dovrà poi scattare il maleficio sulla figlia), si scambiano un bacio che lui le giura essere quello del vero amore, per poi non farsi più vivo per anni. Immaginatevi che effetto può fare una delusione del genere che cova per tutto quel tempo. Ora cominciate a capire le origini della sua presunta cattiveria, vero?
Vi sento già fare congetture: “Oh, ma che bello, la fata e il principino, non mi verrai mica a dire che in realtà Aurora è una figlia illegittima nonché mezza fata?”. Niente di più sbagliato. In effetti, la prima volta che incontriamo Stefano non si capisce proprio come farà a diventare re, dato che le racconta senza mezzi termini di dormire in un pagliaio del castello invece che su cuscini e materassi di piume. Ma aspettate solo che la narrazione compia un balzo in avanti nel tempo facendo improvvisamente invecchiare i nostri eroi, ora interpretati dai due attori che ne sosterranno la parte per il resto del film, la Jolie per lei e Sharlto Copley per lui, e i tasselli torneranno a posto: Stefano è un servo di fiducia del re precedente, Enrico, il quale, tornato sonoramente sconfitto e quasi in punto di morte da un'infruttuosa battaglia per la conquista della Brughiera, riunisce tutti i pretendenti al trono e promette la successione a chiunque riesca a uccidere Malefica, che aveva guidato le schiere nemiche. Naturalmente, tutto questo gran discorso avviene senza tener conto della presenza discreta del nostro ambizioso protagonista, che se ne sta ben zitto, cominciando già a formulare i suoi piani.
Tornato bel bello dalla sua vecchia fiamma, si fa perdonare, le offre da bere qualcosa che a giudicare dalla reazione contiene un sonnifero e sta per eliminarla davvero, ma ha appena un piccolo guizzo di coscienza che lo spinge a optare per una soluzione un po' meno drastica: tira fuori una catenella di ferro che nel buio della scena notturna si capisce a malapena cosa sia, e quando Malefica si sveglia si ritrova sola e con due grosse ferite sulla schiena dove una volta c'erano le sue ali, che Stefano scarica poco cerimoniosamente sul letto del re come “prova” della sua impresa. Fermiamoci un momento ad apprezzare le doti recitative della Jolie in questa parte: il lunghissimo, disperato urlo che emette quando se ne accorge, che non si sa bene in quanta parte sia dolore fisico e in quanta parte emotivo, è a mio parere uno dei momenti più alti del film quanto a espressività, per non parlare poi della trovata, realistica nell'irrealistico, di Malefica che raccoglie un rametto da terra e magicamente ne fa il fido bastone da cui non si separerà più. Non è un vezzo, è una necessità: impossibilitata a volare, vediamo che nel tentare di camminare all'inizio cade ogni pochi passi, non perché non sappia farlo affatto, ma perché era abituata a farlo così poco da ritrovarsi le gambe quasi atrofizzate.
Questo è un punto cruciale della narrazione e il vero momento, segnalato anche visivamente, in cui possiamo cominciare a riconoscere in lei la cattiva disneyana a cui eravamo abituati. Giù il cappello per il team degli effetti visivi, o chiunque sia stato a decidere che la manifestazione della sua magia dovesse essere color oro quando non è di natura particolarmente malvagia e verde, come Disney comanda, quando invece è specificamente volta a fare del male. La costante presenza del bastone, poi, racconta più di mille battute: facendone un veicolo per la sua magia oltre che un ausilio per camminare, Malefica di fatto trasforma l'ammissione della sua debolezza in uno strumento di forza.
Perdere la possibilità di spostarsi in linea d'aria in poco tempo per lei è come perdere un arto, pertanto abbiamo ben presto l'introduzione di un nuovo personaggio: Malefica coglie per caso sul fatto un cacciatore che ha appena catturato un corvo e sta per bastonarlo a morte e lo salva trasformandolo in un uomo, forse perché nell'uccello costretto a terra dalla rete intravede una condizione simile alla propria. Fosco diventa così il fedele servitore di Malefica e le fa da efficacissima spia, riferendole prima dell'incoronazione di Stefano e poi della nascita di Aurora (scena tra l'altro rivelatrice, perché il nostro ex-corvo apprende il sesso della neonata guardando un gruppo di eccitatissime e pettegole filatrici che per passarsi la notizia abbandonano i loro arcolai).
Al battesimo in grande stile tornano le immancabili tre fatine, prima comparse solo di sfuggita, pronte a omaggiare la piccola con i loro doni di bellezza, felicità e... non si sa, come vedremo. Piccola parentesi: una delle tre, Giuggiola, è interpretata da Imelda Staunton di potteriana memoria (Dolores Umbridge). I fan del maghetto in sala avranno sicuramente notato che, guarda caso, delle tre le hanno affibbiato proprio la parte di quella vestita di rosa. Temo che farà una gran fatica a staccarsi da quel colore.
Ulteriore appunto: Giuggiola, Fiorina e Verdelia? Come, prego? Ma non si chiamavano Flora, Fauna e Serena? Pensavo fosse un problema di doppiaggio, ma Wikipedia mi giura che i nomi sono stati proprio cambiati alla radice: Knotgrass, Thistlewit e Flittle nel remake contro Flora, Fauna e Merryweather nel cartone del 1959. La confusione regna sovrana. Perché mai l'avranno fatto?
L'irruzione di Malefica alla cerimonia interrompe Verdelia sul più bello, cosicché non si capisce cos'abbia in mente di donare alla principessina, anche se un piccolo sospetto c'è. A nulla serviranno le suppliche del padre: la fata getta su Aurora il suo canonico maleficio e se ne va. Un momento, sarà proprio quello canonico? Non esattamente: la condanna è al sonno eterno già in partenza, Malefica non decreta la morte della principessa che sarà poi mitigata in sonno dall'ultima fata che deve ancora farle il suo regalo di battesimo, anche se eravamo stati tutti indotti a pensare che l'interruzione servisse proprio a quello. Da come cominciava la frase, però, presumo che Verdelia stesse per augurarle di trovare il vero amore, il che le servirà proprio, perché il famigerato bacio del vero amore è posto come unica condizione che potrà risvegliarla: delusa com'è, Malefica è convintissima che questo metterà fuori gioco Aurora per sempre, perché crede che il vero amore non esista.
Come fiaba comanda, Stefano fa sequestrare e bruciare tutti gli arcolai e manda la piccola a vivere lontano dal castello per sedici anni e un giorno con le fatine. Le quali, se permettete, sono delle emerite idiote. Se fosse stato per loro, Aurora sarebbe morta entro i primi giorni delle loro cosiddette cure. Io posso anche capire che i loro interminabili litigi fossero una parte indispensabile e divertentissima del film Disney, ma queste qui passano da benintenzionate ma pasticcione a colpevolmente disattente. Non hanno idea di cosa fare per una bambina, non sanno neppure che a quell'età si nutre ancora di solo latte, qualche annetto dopo le troviamo così intente a darsi addosso che Aurora si allontana e quasi cade da una rupe. E allora, direte voi, a sedici anni come ci arriva?
Facile: Fosco sarà pure un corvo, ma Malefica è un vero falco e veglia su di lei tutto il tempo, salvandola da tutte le disavventure da lontano nonostante continui a ripetersi che la odia e a chiamarla “bestiolina”. Ma Aurora non è affatto stupida e si accorge che in una cotale serie di felici casualità c'è qualcosa che non torna, tanto che quando finalmente si incontrano non esita un secondo a chiamarla “fata madrina”, anzi, è così soddisfatta di tale appellativo che nemmeno si preoccupa di chiederle il suo nome vero.
Le due passano sempre più tempo insieme, Aurora fa amicizia con tutta la Brughiera e allo scattare dei sedici anni decide di trasferirvisi. Mentre fa le prove del discorsetto da propinare alle sue “zie”, incontra il principe Filippo. Si presentano, imbarazzo alle stelle, è il primo ragazzo umano che lei abbia mai visto e a occhio e croce anche lui non dev'essere stato finora un gran donnaiolo: per farla breve, fin dal primo momento c'è nella scena quell'atmosfera tesa da “adesso si baciano, dai, forza, cosa aspettano ancora?” che sicuramente conoscerete tutti.
Vi do tre possibilità: riuscite a indovinare cosa stanno facendo le fatine quando Aurora arriva con tutta la decisione di questo mondo, pronta a dir loro che vuole andarsene? Esatto, stanno litigando di nuovo! La farina che vola da tutte le parti e Giuggiola che alla fine si ritrova con mezza faccia blu sono una versione condensata dell'epica battaglia per la torta e il vestito che vi ricorderete di certo se avete visto l'originale. Insomma, quando lei comincia il suo pezzo tanto provato, gli animi sono ancora così caldi che le tre si lasciano sfuggire per sbaglio l'esistenza del padre, che Aurora credeva morto, e sono costrette a dirle la verità sul sortilegio.
A proposito del padre, dove l'abbiamo lasciato? È ancora vivo e vegeto al castello, ma i provvedimenti che prende contro Malefica diventano pian piano sempre più irrazionali, come del resto lui stesso, che sorprendiamo a parlare a una stanza vuota come se la sua nemica giurata fosse lì (l'unica debole giustificazione è che si tratta della stanza in cui le ali sono conservate in una teca di vetro come una reliquia). Detto sinceramente, mi piacerebbe un giorno vedere Sharlto Copley confrontarsi col Macbeth. L'ambizione c'è tutta, l'ossessione per le rivelazioni sul futuro dategli da una figura magica anche. In certi primi piani, Copley ha uno sguardo che sarebbe applicabilissimo al barone di Glamis e Cawdor.
Aurora, tradita da tutto e da tutti, affronta Malefica e poi scappa verso il castello, dove, appena riconosciuta dal padre, viene prontamente rinchiusa nella sua stanza, dato che è tornata un giorno prima della scadenza prevista ed è ancora in pericolo. Ma Stefano ha fatto male i conti: se c'è in gioco un maleficio, non c'è porta che tenga e Aurora ben presto si ritrova nella stanza dove sono ammassati i miseri resti bruciacchiati degli arcolai, di cui uno naturalmente si riassembla da solo davanti ai suoi occhi e la punge.
Ci avviciniamo al finale: Malefica trasforma Fosco in un cavallo e corre a perdifiato al castello portando con sé Filippo, addormentato in groppa al suo bianco destriero in modo tale che mi viene da sospettare che sia pure incollato alla sella, altrimenti sarebbe caduto una decina di volte. Filippo si sveglia proprio davanti alla stanza dov'è stata deposta Aurora e, smarrito, chiede informazioni alle fatine con un solo cervello in tre, che prontamente gli aprono le porte e insistono finché non si convince a baciarla. Ma come c'era da sospettare, un bacio così poco spontaneo e motivato da quella che pare sinceramente essere solo una cotta adolescenziale non è sufficiente e Filippo se ne va con le pive nel sacco. Spiacente, signore e signori, ma qui non è lui l'eroe e la scena classica potete pure scordarvela.
Malefica, che già una volta aveva tentato di annullare il sortilegio solo per scoprire di aver lei stessa posto dei termini che le impedivano di farlo, è sinceramente pentita e prima di andare ad affrontare le truppe di Stefano, in lacrime, le dà un bacetto sulla fronte. Sorpresa delle sorprese (ma anche no), Aurora si sveglia e sarebbe prontissima a lasciare il castello e andare a vivere nella Brughiera con la sua “fata madrina”, salvo per un piccolo particolare: Stefano aveva messo al lavoro tutti i fabbri del regno per dotare il suo esercito di alti scudi di ferro e far costruire una rete dello stesso materiale, prontamente calata dal soffitto per catturare la fata, che si ritrova nell'identica posizione in cui aveva trovato il suo servo. In un ultimo, spettacolare ammiccamento al canone Disney, per salvarsi Malefica trasforma Fosco in un drago che mette fuori gioco gran parte delle forze nemiche e le strappa via la rete. Intanto Aurora, nella sua inguaribile curiosità, aveva trovato la stanza delle ali e, riconosciutele dalla descrizione che gliene aveva fatto la fata, assai saggiamente fa cadere a terra la teca, dalla quale queste scappano, dotate di vita propria, per ricongiungersi alla schiena della proprietaria. Da qui in poi l'esito della battaglia è scontato: Stefano aveva appena fatto in tempo a chiederle malignamente come ci si sentisse ad essere una creatura senza ali quando se ne riappropria e schiva abilmente tutti i colpi dei soldati. L'unico momento in cui se la vede brutta è quello in cui Stefano riesce a fermarla prendendole al laccio una caviglia con una catena, ma nonostante il dolore Malefica riesce a tirarlo su di peso e trasportarlo in un'altra area del castello. Vi dico solo che si tratta di un luogo molto alto e che quando una sa volare i parapetti importano ben poco. Mettete questi indizi insieme a quella scena che vi dicevo, quella dell'involontario tuffo, e forse comincerete a capire quale sia il destino del re.
Dopo quest'epico scontro finale che a giudicare da certi passaggi è stato chiaramente concepito per fare un effetto particolarmente intenso in 3D (ma io l'ho visto in 2D e non lo saprò mai), Aurora viene proclamata regina della Brughiera, unificando così il regno degli umani e quello delle creature fatate con Filippo al suo fianco, e la voce narrante femminile che ci aveva accompagnati fin dall'inizio si rivela essere la Bella Addormentata stessa, che col senno di poi riconosce che per ottenere quel risultato non ci è voluto né un vero eroe né un vero cattivo, ma qualcuno che è entrambe le cose.
In conclusione, per essere un debutto alla regia è un film strutturato bene: la prima parte della trama mi è parsa un po' debole e la rappresentazione delle tre fatine caricaturale, ma sono rimasta molto colpita dal fatto che il tutto sia come un cerchio che si chiude: nulla è lasciato al caso, gli elementi che ritroveremo poi alla fine ci sono già tutti all'inizio, basta solo un po' di pazienza per accorgersene.
Valutazione complessiva: