Seconda puntata
Un caloroso saluto a tutti!
Per la gioia dei suoi fan, è
tornato a farci visita Piermario, il Panda del Vocabolario!
Pier:
Salve a tutti quanti! Ehi, un momento, ho dei fan? Di già?
Be', diciamo che lo spero.
Pier: Allora devo correre a
farmi bello!
Accidenti, non ti facevo così
vanitoso! Sta' tranquillo, Pier, tu sei uno che piace al naturale,
canna di bambù e tutto. E poi non c'è tempo, dobbiamo metterci al
lavoro e presentare subito la parola di oggi!
Pier:
Okay! Dove ho messo la busta? Ah, eccola qui! Menomale, per un momento ho
pensato che l'avessi persa! Ebbene, ora ti faccio il tradizionale
conto alla rovescia. Tre... due... uno... apri la busta!
Pier: La parola di oggi è
“uggioso”!
E bravo Pier! Sei proprio un
assistente coi fiocchi! Vediamo un po' da dove cominciare... Regia,
cosa ci proponi?
Pier: Dovevo portarmi
l'ombrello?
No, non penso che ti servirà.
Soffermiamoci però un attimo sulla scelta della nostra regia, che ha
un motivo ben preciso: nella mia esperienza, se chiedo a qualcuno di
pensare a una “giornata uggiosa”, quasi invariabilmente nella
scenetta piove, e con buone ragioni! La parola al dizionario
(Zingarelli 2008):
uggioso
agg.
1. (raro,
lett.)
Ombroso e umido.
2.
(fig.)
Che dà noia, fastidio o molestia. sin.
Fastidioso,
molesto, noioso.
3.
(lett.,
raro)
Detto di chi prova noia, fastidio.
Notate qualcosa di strano? Non so
se valga anche per voi, ma la prima definizione a cui penso è
elencata qui come seconda.
Pier: Eppure qui dice che è
solo un significato figurato...
Be', non si finisce mai
d'imparare! Deve aver preso più piede del senso originario, a un
certo punto, perché non penso proprio di essere l'unica che,
dovendole mettere in quello che percepisce come ordine d'importanza,
come minimo invertirebbe le prime due.
Non mi stupirei affatto di
scoprire che tra i miei lettori c'è chi della prima riga non avrebbe
nemmeno sospettato l'esistenza! Eppure, se chiedo di provare a
descrivere una giornata uggiosa, credo che aggiungere al quadretto un
po' di pioggia sia perfettamente naturale anche per chi non sa di
doverla rendere “ombrosa e umida”. Forse questo accade
semplicemente perché spesso la pioggia ci costringe in casa quando
avremmo preferito uscire, ma lasciate che vi faccia rilevare una
simpatica coincidenza prima di fare la nostra consueta capatina in
Baker Street: “uggioso” è una parola perfetta per esprimere un
senso di noia che nemmeno lo stesso termine “noia” riesce a
veicolare, e potete capire da voi il perché anche solo ripetendola
lentamente e facendo bene attenzione ai suoni che contiene. Intanto
ha quella doppia G che, sarei pronta a scommettere, non fa altro che
rafforzare il collegamento con la pioGGia, e poi non comincia forse
con la U, che forse è la lettera più noiosa dell'alfabeto?
Pier: E perché? Non sapevo
che ci fossero lettere noiose!
Allora facciamo questo
esperimento. Cosa dici quando ti annoi, Pier?
Pier: Uffa!
Ecco,
ci sei cascato. “Uffa”, con la U. Provate a dire ad alta voce:
«Uffa,
la pioggia! Che giornata uggiosa!». Tutta una U e una G! Abbiamo
proprio a che fare con una parola che è la quintessenza della noia,
quest'oggi!
Bene, ora torniamo seri e
rimettiamoci il cappello di Sherlock.
Pier: Evviva! L'altra volta mi
stava proprio bene, non trovi?
Certo, e sono sicura che
dall'altra parte dello schermo ci sarà qualche pandina innamorata
che si sentirà mancare vedendotelo indossare. Forza, al lavoro!
uggioso
derivato di uggia*
Pier: Bell'aiuto...
Calma! Questa è solo la prima
impronta, adesso dobbiamo seguire le altre finché non arriviamo al
colpevole... ops... all'origine.
uggia
[derivazione]
discussa;
forse dall'aggettivo latino udus,
umido (femminile uda)
che, nel sermo vulgaris, avrebbe dato origine al sostantivo udia**
Pier:
Già meglio, ma mi sa che non ho ancora capito tutto...
Eh,
già, caro il mio panda investigatore, qui per arrivare alla fine
dell'indagine bisogna cercare un ultimo indizio: che cosa sarà mai
questo “sermo vulgaris” grazie al quale oggi, guardando fuori
dalla finestra quando piove, possiamo dire che la giornata è
uggiosa? Non è complicato come sembra: tirare in causa il latino
quando si vuole sembrare acculturati è sovente una buona idea
(attenzione a usarlo solo a proposito, però, o potrebbero
smascherarvi!), ma in realtà queste due parole non vogliono dire
niente di così difficile. Il “sermo vulgaris”, o latino volgare,
altro non è che il latino parlato dalla gente nell'Impero Romano.
Non significa “volgare” nel senso che ha preso oggi: dicevano
tutti le loro brave parolacce, dall'imperatore all'ultimo degli
schiavi, inutile negarlo, ma in questo caso si riferisce soltanto
alla lingua parlata dal volgo, cioè dal popolo, che non era identica
a quella scritta dagli autori che si studiano a scuola e soprattutto
non era uguale ovunque. Se prendeste una macchina del tempo e andaste
a fare una visitina ai vostri antenati a Roma, per quanto bravi siate
col latino delle versioni, non ve la cavereste per la strada. A
seconda di dove vi trovate e di chi è il vostro interlocutore, vi
sembrerebbe quasi di sentire tanti latini diversi invece di uno, e
nessuno di essi somiglierebbe poi molto a quello che vi siete
impegnati a memorizzare recitando i vostri rosa,
rosae.
Ecco, il latino volgare è questo qui: quello di tutti i giorni,
pieno di particolarità locali e di errori, che cambiano anche quelli
da zona a zona, e sono così tanti che si arriva a un punto in cui
creano nuove parole, nuove regole, e infine nuove lingue. Ora, non
crediate che questo sia successo da un giorno all'altro: non ci si
svegliò un mattino parlando francese, spagnolo o portoghese quando
si chiacchierava amabilmente in latino fino alla sera prima! Ci
vollero secoli, così tanti che la gente comune nemmeno se ne
accorse. Eppure, lento come la famosa goccia di pece che ci mette
anni a cadere sorvegliata dagli scienziati che ne studiano
l'altissima densità, il cambiamento avvenne, ed eccoci qui oggi col
nostro italiano da difendere e il nostro vocabolo del giorno con la
sua storia lunghissima e interessante: “uggioso” da “uggia”,
che a sua volta deriva da “udia” (che era una parola che nessuno
scrittore rispettabile avrebbe utilizzato), che ha una D diventata
poi una doppia G per motivi che sarebbero, quelli sì, davvero
uggiosi
da spiegare. Vi basti sapere che i suoni pian piano cambiano quando
diventano un po' ostici da pronunciare e la gente regolarmente li
sbaglia, magari in modi diversi a seconda dell'accento.
E con tutto
ciò, non siamo nemmeno sicuri che le cose siano andate davvero così!
Quel “discussa” all'inizio, purtroppo, ci dice che questo è un
giallo in cui la soluzione è ancora in forse.
Pier:
Alla faccia dell'indizio! Questo qui è un romanzo intero!
Stupito,
Pier? Ci farai l'abitudine: ci sono occasioni in cui mettersi sulle
tracce dell'etimo di una parola non somiglia tanto a un'indagine di
Holmes quanto a una matrioska, quella bambola russa che ti sembra di
non finire mai di aprire, e arrivarci è come trovare la più
piccola.
Pier:
Quanta pazienza!
Ma tu ne
hai più che abbastanza, non è vero?
Pier:
Solo se poi mi prometti tanto bambù!
Certo! Te
lo meriti tutto, ma solo alla fine della puntata. Manca ancora
qualcosa, non trovi?
Pier:
Sì, ma cosa? Ah, ci sono! Facciamo un bell'esempio!
Giusto!
Vediamo un po' a quale pezzo da novanta possiamo chiedere aiuto
questa volta...
Il castello
dell'innominato era a cavaliere a una valle angusta e uggiosa, sulla
cima d'un poggio che sporge in fuori da un'aspra giogaia di monti, ed
è, non si saprebbe dir bene, se congiunto ad essa o separatone, da
un mucchio di massi e di dirupi, e da un andirivieni di tane e di
precipizi, che si prolungano anche dalle due parti.
Alessandro
Manzoni, I
promessi sposi,
capitolo XX***
Pier:
Santo cielo... non dico quello che penso, altrimenti addio bambù!
Oh, non ti
preoccupare, il tuo spuntino è al sicuro, questo è un altro mostro
sacro degli studenti di tutti i tempi e non c'è nulla di così
terribile nello spaventarsi più per il linguaggio in cui è
descritto il castello che per l'edificio stesso. O lo si ama o lo si
odia, e se lo si ama, di solito si comincia a farlo ben dopo la
scuola! È capitato a tutti!
Be', direi
che il nostro signor autore qui ha inteso la protagonista di oggi nel
senso numero uno: non penso proprio che una valle possa essere
noiosa, e anche se potesse, dubito che lo farebbe notare. Questo
posto deve far venire i brividi, non far sbadigliare!
Pier: E
funziona! Brr... mi sembra di sentire l'umidità della nostra parola
nelle ossa! Passami il bambù, così mi consolo!
Sicuro,
eccotelo qui!
Mentre il
caro Pier si riprende dallo spavento mangiucchiando, tiro io le somme
al posto suo: avete capito bene quando e come si usa il nostro
vocabolo? Vi è venuta almeno un po' di voglia di fare un nodo al
fazzoletto per ricordarvi di pronunciarlo ogni tanto? Provateci, la
prossima volta che piove! A presto!
Pier:
Alla prossima parola, amici! Ciao!
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