Superstizione, sì o no?
Salve a tutti! Come va la vita?
Vi sentite fortunati in questo periodo, oppure vi sembra di essere
perseguitati dalla malasorte?
Qualunque sia il vostro caso,
alzi la mano chi ha qualche sistema per attirarsi il favore della dea
bendata o, all'inverso, tenere lontani i guai. Avanti, non c'è
niente di male. Sotto sotto, credo che siano ben pochi quelli che non
hanno mai, e dico proprio mai, alcun comportamento teso a far andare
la vita un po' meglio. Dopotutto, chi non lo vorrebbe?
Si fa presto ad affermare con
orgoglio razionalista di non essere superstiziosi, ma la verità è
che per non esserlo non è sufficiente passare impuniti sotto tutte
le scale che capitano e non far tragedie per uno specchio che va in
pezzi. Quel pizzico quasi impercettibile di superstizione c'è anche
dove non sembra. La stessa persona che, poniamo, ieri si è rifiutata
di fare la scenetta del sale versato e poi gettato dietro la spalla,
domani avrà un colloquio importante e puntualmente si metterà la
stessa cravatta che aveva indossato l'ultima volta che gliene era
andato bene uno. E non è superstizione, questa? Certo che lo è,
solo una versione personale invece di una comunemente accettata! Il
concetto, a ben vedere, è lo stesso: si tratta sempre di adottare
una linea d'azione che si crede fermamente possa influenzare in
positivo gli eventi, quando in realtà le due cose sono completamente
scollegate. L'uomo, da che mondo è mondo, quando vede un effetto va
a cercarne la causa; se poi azzecchi quella corretta è tutta
un'altra faccenda. Prende piede la convinzione che un gatto nero che
attraversa la strada porti male (quando l'unico potere nefasto del
povero micio era quello, nei tempi antichi, di spaventare i cavalli
di notte e far loro disarcionare qualche malcapitato viaggiatore)?
Chi ne vede uno e ci crede attribuirà qualsiasi evento negativo
successivo alla palla di pelo, anche se non c'entra nulla. Il primo
colloquio con quella cravatta al collo va bene? La si metterà anche
al secondo, quando invece la probabilità di dire qualcosa di
sbagliato davanti al Megadirettore Galattico non è affatto
diminuita.
Un momento, ne siamo proprio
certi? Davvero i portafortuna non hanno alcun effetto? Allora perché
portandoli con sé ci si sente così bene?
E
proprio qui sta la sorpresa: se un oggetto o un atto scaramantico non
possono avere alcuna influenza sugli altri,
ne hanno eccome su di noi,
e se forse col loro aiuto non saremo più fortunati nel senso che le
casualità saranno tutte a nostro favore, è possibilissimo che
sapremo giocare meglio le più o meno metaforiche carte che ci
capitano, buone o cattive, e ci sono fior di studi che lo dimostrano.
“In
cinque diversi esperimenti condotti presso la Booth School of
Business dell'Università di Chicago (Usa), è stato chiesto a dei
volontari di tentare la fortuna in alcuni giochi dopo aver compiuto
azioni scaramantiche come toccare ferro, oppure non scaramantiche
come ad esempio lanciare una palla. Risultato? Chi aveva compiuto il
gesto propiziatorio era meno preoccupato se la prova andava male, e
già questo è un primo effetto benefico della scaramanzia. Ma non
solo: gli scaramantici che avevano perso la sfida mostravano in
seguito di aver dimenticato la propria malasorte e di non aver perso
la sicurezza in se stessi.”*
E
ancora: “In uno studio pubblicato su Psychological
Science,
la psicologa Lysann Damisch dell'Università di Colonia (Germania) ha
dimostrato che gli amuleti migliorano realmente le prestazioni degli
sportivi e li rendono più sicuri e determinati a vincere.
Nell'ambito dell'esperimento, ad alcuni sportivi professionisti di
discipline diverse è stato chiesto di consegnare il portafortuna
inseparabile che li accompagnava in tutte le gare. […] A un gruppo
di atleti, il portafortuna è stato riconsegnato prima della
competizione, mentre al gruppo di confronto, con una scusa, no.
Ebbene: le prestazioni degli sportivi costretti a gareggiare senza il
portafortuna sono state nettamente peggiori rispetto a quelle di
coloro a cui era stato restituito.”**
E dunque: la fortuna magari resta
invariata, ma la sicurezza cambia, eccome se cambia, e sappiamo tutti
quanto conti, specie se si è sotto pressione. Vuol forse dire che
siamo tutti stupidi? Anche se fosse così facile definire le
categorie di “intelligente” e “stupido” e assegnare all'una o
all'altra ogni persona sulla Terra, e non lo è, quanto pensate che
sia statisticamente probabile che tutti, ma proprio tutti i volontari
degli esperimenti citati sopra, per un puro caso, fossero degli
inguaribili idioti?
Per quanto smaliziati si possa
essere, è un po' troppo sbrigativo giudicare male chiunque abbia
orrore del numero diciassette (o tredici, a seconda delle culture):
ricordate che quella stessa persona a cui voi, segretamente o meno,
date della sciocca per aver fatto qualcosa, bollerà voi come
sconsiderati per non averlo fatto.
Tutt'al più, se siete
preoccupati che il vostro amico o parente o chissà chi stia
permettendo alle sue credenze di controllare troppo la sua vita,
provate un approccio più graduale. Invece di sbattergli in faccia un
“Devi smettere di crederci perché...”, tentate con “Ma sei
proprio sicuro di aver sempre rispettato il precetto? E cosa ti è
successo quella volta che te ne sei dimenticato?”. Se siete i
fedeli cavalieri della Signora Razionalità e di Madama Scienza, non
vi sarà così difficile individuare una possibile causa alternativa,
non legata alla superstizione, per i tragici racconti di malasorte
che vi pioveranno addosso a questa domanda.
O altrimenti, se preferite non
andare a impelagarvi in discussioni senza fine che termineranno,
temo, con un gran bel nulla di fatto e lasceranno ciascuno fermo
sulle proprie posizioni di prima, adottate il sanissimo principio
“Vivi e lascia vivere” e lasciate che i vostri cari superstiziosi
credano a quel che ritengono più opportuno. In fondo, che male
fanno? Solo i casi estremi andrebbero fermati o quantomeno mitigati
per il bene di tutte le persone coinvolte.
Prendiamo l'oroscopo, per
esempio. Dal primo post, se qualcuno di voi l'ha letto, ricorderete
che non ci credo: trovo che il tipico profilo della personalità del
Toro mi descriva bene, anche se non perfettamente, e non sta a me
dire se questo fosse scritto nelle stelle o se sia una coincidenza,
ma non vedo perché a tutte le persone nate, come me, tra il 21
aprile e il 20 maggio, dovrebbero capitare all'incirca le stesse cose
nello stesso periodo. In effetti, non ricordo una sola previsione che
si sia avverata. L'elettrocardiogramma della mia vita sentimentale è
rimasto piatto anche nelle settimane che promettevano meraviglie nel
settore amoroso, alla faccia di tutte le presunte veggenti con le
loro complicate mappe astrali.
Conoscerete, immagino, qualcuno
che invece ci crede. Cerca più o meno scherzosamente di inquadrare
il carattere di una persona appena conosciuta in base al segno?
Lasciatelo fare: se poi costui o costei è tutto l'opposto, avrà ben
modo di dimostrarlo. Si rifiuta di uscire di casa se l'astrologa di
fiducia gli ha predetto un giorno sfortunato? C'è decisamente
qualcosa che non va.
Ora,
io capisco che avere un tot
di regole da seguire possa dare sicurezza, o che una persona che si
presenti dicendo di avere conoscenze o poteri superiori alla media
diventi fin troppo facilmente un punto di riferimento per chi sente
di averne bisogno, ma un conto è farsi aiutare a prendere una
decisione da una persona che si spera che oltre alle stelle consulti
anche il buonsenso, un altro è non muovere più un passo senza.
Questa è di fatto una forma di dipendenza, e sono sicura che nel
numero di chi si diletta di oroscopi e compagnia bella ci siano
persone oneste che non abusano del potere che hanno sui clienti, ma è
altrettanto vero che gli approfittatori pronti a calcare la mano per
cavarne fino all'ultimo centesimo sono ovunque. Non so abbastanza di
giurisprudenza da riempirmi la bocca di termini legali che
definiscano per benino come si chiama questo crimine e cosa merita
chi lo commette, ma non ci vuole l'Azzeccagarbugli per farsi venire
in mente la parola “truffa”.
Correggiamo
un po' il tiro e facciamo un esempio celebre che però con le stelle
c'entra poco: Wanna Marchi e la storia del trucchetto del sale che
conoscerete certamente se guardavate Striscia
la Notizia
nel 2001. Alle vittime, perché di vittime si tratta, veniva
raccontato che quel sale (comune sale da cucina o, se preferite farvi
belli coi paroloni scientifici, cloruro di sodio) aveva chissà quali
proprietà tali per cui, se non si fosse sciolto in acqua, sarebbe
stato un segnale che sul malcapitato incombeva il malocchio (da
allontanare pagando profumatamente, chiaro!). Peccato solo che costei
facesse ben attenzione a indicare quantità d'acqua studiate per non
farlo sciogliere.
Ora, forse ci sarà stato qualche
caso in cui il potenziale truffato aveva sufficienti nozioni di
chimica per sapere che la concentrazione del sale superava il limite
di solubilità, ma (senza offesa alla categoria) temo proprio che
l'immortale “casalinga di Voghera” non lo sapesse e che magari,
anche se aveva un amico scienziato, le fosse stato sconsigliato di
parlarne ad anima viva con minacciose promesse di maledizioni
(quest'ultimo dato non è certo, mi sembra solo il modo più
immediato per scongiurare lo smascheramento).
Di fronte a casi simili, ahimé,
non ho affermazioni da fare, ma solo domande: cosa succederà mai nel
cervello di chi si lascia abbindolare fino a questo punto? Se io
intraprendo qualcosa di nuovo di cui non so assolutamente nulla e la
mia ignoranza mi porta a credere in perfetta buona fede alla prima
informazione, anche sbagliata, che sento, è già più comprensibile,
ma se qualcuno viene a contraddire qualcosa che credevo di sapere e
io, nonostante le prove in senso opposto, mi fido, cosa sta
succedendo in me? Il senso comune dice che un pacchetto di sale col
malocchio c'entra ben poco, sempre che esista, poi arriva la Marchi,
mi dice che è un metodo infallibile e io la seguo. Cosa mi ha fatto
cambiare idea? Il suo modo di porsi? La paura per me e per i miei
cari? Questo non lo so proprio. Continua a sembrarmi strano che il
cervello umano sia così portato alla fiducia cieca in una più o
meno presunta autorità.
Alziamoci un attimo dalle stalle
alle stelle e tiriamo in ballo Aristotele, che anticamente veniva
citato in merito a (quasi) tutto, era il pezzo da novanta che
assicurava la vittoria in qualsiasi dibattito: “se Aristotele dice
così, allora è proprio vero e tu che la pensi diversamente hai per
forza torto”. Ebbene, il nostro filosofo aveva le sue idee anche su
come fosse fatto il corpo umano, ma un medico moderno inorridirebbe a
sentirle. E di questo, considerati i mezzi a sua disposizione, non
possiamo certo fargli una colpa: non vuol dire che in realtà fosse
un somaro, tutt'altro. Eppure la gente continuò a credere alle sue
teorie anche davanti alle prove concrete dei suoi errori! Si
dissezionava un cadavere e si scopriva che dentro era fatto così e
così, ma finché Aristotele avesse continuato dall'alto della sua
autorità a dire che era cosà, i signori dottori (non gli ultimi
arrivati, dunque, non pensiamo a una massa di ignoranti) avrebbero
affermato senza esitare che era cosà. Chissà, forse vedevano solo
quello che si aspettavano di vedere. E finché tutto questo restava
chiuso nei libroni di teoria passi, ma nel momento in cui si passava
alla pratica c'era da preoccuparsi, non trovate? Voi sareste disposti
a essere messi sotto i ferri da un chirurgo persuaso – poniamo
– che il cervello non sia un organo poi così importante, messo lì
principalmente per raffreddare il sangue?
E dunque, per il bene di tutti,
se vedete che qualcuno vicino a voi si sta lasciando convincere a
fare cose che vanno contro la logica comune, fate il possibile per
dargli una bella scrollatina e dimostrargli che forse le cose non
stanno esattamente come dice il suo guru del momento. Alla lunga vi
ringrazierà.
Questo detto da colei che si
piazzò sul podio di un concorso di latino indossando la “maglietta
fortunata” il giorno della versione, eh. Non sono immune neanch'io
al fascino del portafortuna, ma un conto è una maglietta con scritto
“veni, vidi, vici” di fronte a un brano di Cesare, un conto è
presentarsi in toga secondo il consiglio di una medium convintissima
di aver parlato con l'autore in persona.
*Fonte:
Airone,
anno XXXIII – n° 395 – marzo 2014, pagg. 9-10
**Fonte:
Airone,
anno XXXIII – n° 395 – marzo 2014, pagg. 15-16
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