Una fiaba classica come non l'avete mai vista
Salve
a tutti, cari lettori! Ebbene sì, sono ancora viva. Perdonate la
prolungata assenza, ma una gatta di biblioteca sotto esame tende a
ritirarsi nella sua tana e non uscirne più per un po', eccezion
fatta per l'occasionale capatina al cinema.
In
questo caso si tratta della pellicola del 2014 Maleficent,
debutto da regista di Robert Stromberg, con Angelina Jolie nel ruolo
della malvagia protagonista.
Un
momento, siamo proprio sicuri che sia così malvagia? Il nome sembra
certamente suggerirlo, ma già le prime scene sembrano voler
ribaltare il punto di vista tradizionale. La creatura cornuta e alata
che è Malefica da bambina pare proprio un perfetto esempio di bontà,
amica di tutti nel regno fatato chiamato semplicemente Brughiera e
tutta intenta a usare la sua magia solo per cosette perfettamente
innocenti. E già qui concedetemi un momento di perplessità:
bravissimo, caro il mio regista, sei riuscito a farmi capire che il
tuo intento è di mostrarmi che Malefica non è nata cattiva... e
allora perché il nome? Ma dico io, come si fa a chiamarsi “Malefica”
senza sentirne neanche un po' il peso? Non avrebbe avuto più senso
che in origine avesse avuto un altro nome dolce, carino e fiabesco al
punto giusto, per poi assumere “Malefica” come pseudonimo più
avanti?
Perché,
come vedremo, cattiva lo diventerà eccome. La gigantesca differenza
è che, se nella fiaba classica la fata malvagia è uno di quei
cattivi che sono “cattivi e basta” e arrivano a rovinare la festa
a tutti senza che si stia a spiegare il perché e il percome, la
prima parte del film esplora proprio le sue motivazioni, facendo di
qualcun altro il vero antagonista della situazione.
Questo
qualcuno è nientepopodimeno che re Stefano, futuro padre della
principessa Aurora, che fa la conoscenza di Malefica quando sono
entrambi ragazzini e fa amicizia con lei, un'amicizia che pian piano
diventa anche qualcosa di più. La nostra fata si fida di lui al
punto di rivelargli l'unica grande debolezza della sua specie, cioè
che non sopportano il contatto con il ferro. Segnatevelo, perché è
uno di quei particolari che torneranno a prendere i protagonisti a
sonori calci nel sedere. E a proposito di dettagli da ricordare,
guardate bene quella volta in cui Stefano fa l'esperienza del volo
attaccato a un piede di Malefica per poi scivolare e cadere in acqua.
Fa solo ridere, sul momento, ma non dimenticatelo.
Raggiunta
la fatidica soglia dei sedici anni (vi ricorda niente? Eh, sì, è la
stessa età a cui dovrà poi scattare il maleficio sulla figlia), si
scambiano un bacio che lui le giura essere quello del vero amore, per
poi non farsi più vivo per anni. Immaginatevi che effetto può fare
una delusione del genere che cova per tutto quel tempo. Ora
cominciate a capire le origini della sua presunta cattiveria, vero?
Vi
sento già fare congetture: “Oh, ma che bello, la fata e il
principino, non mi verrai mica a dire che in realtà Aurora è una
figlia illegittima nonché mezza fata?”. Niente di più sbagliato.
In effetti, la prima volta che incontriamo Stefano non si capisce
proprio come farà a diventare re, dato che le racconta senza mezzi
termini di dormire in un pagliaio del castello invece che su cuscini
e materassi di piume. Ma aspettate solo che la narrazione compia un
balzo in avanti nel tempo facendo improvvisamente invecchiare i
nostri eroi, ora interpretati dai due attori che ne sosterranno la
parte per il resto del film, la Jolie per lei e Sharlto Copley per
lui, e i tasselli torneranno a posto: Stefano è un servo di fiducia
del re precedente, Enrico, il quale, tornato sonoramente sconfitto e
quasi in punto di morte da un'infruttuosa battaglia per la conquista
della Brughiera, riunisce tutti i pretendenti al trono e promette la
successione a chiunque riesca a uccidere Malefica, che aveva guidato
le schiere nemiche. Naturalmente, tutto questo gran discorso avviene
senza tener conto della presenza discreta del nostro ambizioso
protagonista, che se ne sta ben zitto, cominciando già a formulare i
suoi piani.
Tornato
bel bello dalla sua vecchia fiamma, si fa perdonare, le offre da bere
qualcosa che a giudicare dalla reazione contiene un sonnifero e sta
per eliminarla davvero, ma ha appena un piccolo guizzo di coscienza
che lo spinge a optare per una soluzione un po' meno drastica: tira
fuori una catenella di ferro che nel buio della scena notturna si
capisce a malapena cosa sia, e quando Malefica si sveglia si ritrova
sola e con due grosse ferite sulla schiena dove una volta c'erano le
sue ali, che Stefano scarica poco cerimoniosamente sul letto del re
come “prova” della sua impresa. Fermiamoci un momento ad
apprezzare le doti recitative della Jolie in questa parte: il
lunghissimo, disperato urlo che emette quando se ne accorge, che non
si sa bene in quanta parte sia dolore fisico e in quanta parte
emotivo, è a mio parere uno dei momenti più alti del film quanto a
espressività, per non parlare poi della trovata, realistica
nell'irrealistico, di Malefica che raccoglie un rametto da terra e
magicamente ne fa il fido bastone da cui non si separerà più. Non è
un vezzo, è una necessità: impossibilitata a volare, vediamo che
nel tentare di camminare all'inizio cade ogni pochi passi, non perché
non sappia farlo affatto, ma perché era abituata a farlo così poco
da ritrovarsi le gambe quasi atrofizzate.
Questo
è un punto cruciale della narrazione e il vero momento, segnalato
anche visivamente, in cui possiamo cominciare a riconoscere in lei la
cattiva disneyana a cui eravamo abituati. Giù il cappello per il
team degli effetti visivi, o chiunque sia stato a decidere che la
manifestazione della sua magia dovesse essere color oro quando non è
di natura particolarmente malvagia e verde, come Disney comanda,
quando invece è specificamente volta a fare del male. La costante
presenza del bastone, poi, racconta più di mille battute: facendone
un veicolo per la sua magia oltre che un ausilio per camminare,
Malefica di fatto trasforma l'ammissione della sua debolezza in uno
strumento di forza.
Perdere
la possibilità di spostarsi in linea d'aria in poco tempo per lei è
come perdere un arto, pertanto abbiamo ben presto l'introduzione di
un nuovo personaggio: Malefica coglie per caso sul fatto un
cacciatore che ha appena catturato un corvo e sta per bastonarlo a
morte e lo salva trasformandolo in un uomo, forse perché
nell'uccello costretto a terra dalla rete intravede una condizione
simile alla propria. Fosco diventa così il fedele servitore di
Malefica e le fa da efficacissima spia, riferendole prima
dell'incoronazione di Stefano e poi della nascita di Aurora (scena
tra l'altro rivelatrice, perché il nostro ex-corvo apprende il sesso
della neonata guardando un gruppo di eccitatissime e pettegole
filatrici che per passarsi la notizia abbandonano i loro arcolai).
Al
battesimo in grande stile tornano le immancabili tre fatine, prima
comparse solo di sfuggita, pronte a omaggiare la piccola con i loro
doni di bellezza, felicità e... non si sa, come vedremo. Piccola
parentesi: una delle tre, Giuggiola, è interpretata da Imelda
Staunton di potteriana memoria (Dolores Umbridge). I fan del maghetto
in sala avranno sicuramente notato che, guarda caso, delle tre le
hanno affibbiato proprio la parte di quella vestita di rosa. Temo che
farà una gran fatica a staccarsi da quel colore.
Ulteriore
appunto: Giuggiola, Fiorina e Verdelia? Come, prego? Ma non si
chiamavano Flora, Fauna e Serena? Pensavo fosse un problema di
doppiaggio, ma Wikipedia mi giura che i nomi sono stati proprio
cambiati alla radice: Knotgrass, Thistlewit e Flittle nel remake
contro Flora, Fauna e Merryweather nel cartone del 1959. La
confusione regna sovrana. Perché mai l'avranno fatto?
L'irruzione
di Malefica alla cerimonia interrompe Verdelia sul più bello,
cosicché non si capisce cos'abbia in mente di donare alla
principessina, anche se un piccolo sospetto c'è. A nulla serviranno
le suppliche del padre: la fata getta su Aurora il suo canonico
maleficio e se ne va. Un momento, sarà proprio quello canonico? Non
esattamente: la condanna è al sonno eterno già in partenza,
Malefica non decreta la morte della principessa che sarà poi
mitigata in sonno dall'ultima fata che deve ancora farle il suo
regalo di battesimo, anche se eravamo stati tutti indotti a pensare
che l'interruzione servisse proprio a quello. Da come cominciava la
frase, però, presumo che Verdelia stesse per augurarle di trovare il
vero amore, il che le servirà proprio, perché il famigerato bacio
del vero amore è posto come unica condizione che potrà
risvegliarla: delusa com'è, Malefica è convintissima che questo
metterà fuori gioco Aurora per sempre, perché crede che il vero
amore non esista.
Come
fiaba comanda, Stefano fa sequestrare e bruciare tutti gli arcolai e
manda la piccola a vivere lontano dal castello per sedici anni e un
giorno con le fatine. Le quali, se permettete, sono delle emerite
idiote. Se fosse stato per loro, Aurora sarebbe morta entro i primi
giorni delle loro cosiddette cure. Io posso anche capire che i loro
interminabili litigi fossero una parte indispensabile e
divertentissima del film Disney, ma queste qui passano da
benintenzionate ma pasticcione a colpevolmente disattente. Non hanno
idea di cosa fare per una bambina, non sanno neppure che a quell'età
si nutre ancora di solo latte, qualche annetto dopo le troviamo così
intente a darsi addosso che Aurora si allontana e quasi cade da una
rupe. E allora, direte voi, a sedici anni come ci arriva?
Facile:
Fosco sarà pure un corvo, ma Malefica è un vero falco e veglia su
di lei tutto il tempo, salvandola da tutte le disavventure da lontano
nonostante continui a ripetersi che la odia e a chiamarla
“bestiolina”. Ma Aurora non è affatto stupida e si accorge che
in una cotale serie di felici casualità c'è qualcosa che non torna,
tanto che quando finalmente si incontrano non esita un secondo a
chiamarla “fata madrina”, anzi, è così soddisfatta di tale
appellativo che nemmeno si preoccupa di chiederle il suo nome vero.
Le
due passano sempre più tempo insieme, Aurora fa amicizia con tutta
la Brughiera e allo scattare dei sedici anni decide di trasferirvisi.
Mentre fa le prove del discorsetto da propinare alle sue “zie”,
incontra il principe Filippo. Si presentano, imbarazzo alle stelle, è
il primo ragazzo umano che lei abbia mai visto e a occhio e croce
anche lui non dev'essere stato finora un gran donnaiolo: per farla
breve, fin dal primo momento c'è nella scena quell'atmosfera tesa da
“adesso si baciano, dai, forza, cosa aspettano ancora?” che
sicuramente conoscerete tutti.
Vi
do tre possibilità: riuscite a indovinare cosa stanno facendo le
fatine quando Aurora arriva con tutta la decisione di questo mondo,
pronta a dir loro che vuole andarsene? Esatto, stanno litigando di
nuovo! La farina che vola da tutte le parti e Giuggiola che alla fine
si ritrova con mezza faccia blu sono una versione condensata
dell'epica battaglia per la torta e il vestito che vi ricorderete di
certo se avete visto l'originale. Insomma, quando lei comincia il suo
pezzo tanto provato, gli animi sono ancora così caldi che le tre si
lasciano sfuggire per sbaglio l'esistenza del padre, che Aurora
credeva morto, e sono costrette a dirle la verità sul sortilegio.
A
proposito del padre, dove l'abbiamo lasciato? È ancora vivo e vegeto
al castello, ma i provvedimenti che prende contro Malefica diventano
pian piano sempre più irrazionali, come del resto lui stesso, che
sorprendiamo a parlare a una stanza vuota come se la sua nemica
giurata fosse lì (l'unica debole giustificazione è che si tratta
della stanza in cui le ali sono conservate in una teca di vetro come
una reliquia). Detto sinceramente, mi piacerebbe un giorno vedere
Sharlto Copley confrontarsi col Macbeth.
L'ambizione c'è tutta, l'ossessione per le rivelazioni sul futuro
dategli da una figura magica anche. In certi primi piani, Copley ha
uno sguardo che sarebbe applicabilissimo al barone di Glamis e
Cawdor.
Aurora,
tradita da tutto e da tutti, affronta Malefica e poi scappa verso il
castello, dove, appena riconosciuta dal padre, viene prontamente
rinchiusa nella sua stanza, dato che è tornata un giorno prima della
scadenza prevista ed è ancora in pericolo. Ma Stefano ha fatto male
i conti: se c'è in gioco un maleficio, non c'è porta che tenga e
Aurora ben presto si ritrova nella stanza dove sono ammassati i
miseri resti bruciacchiati degli arcolai, di cui uno naturalmente si
riassembla da solo davanti ai suoi occhi e la punge.
Ci
avviciniamo al finale: Malefica trasforma Fosco in un cavallo e corre
a perdifiato al castello portando con sé Filippo, addormentato in
groppa al suo bianco destriero in modo tale che mi viene da
sospettare che sia pure incollato alla sella, altrimenti sarebbe
caduto una decina di volte. Filippo si sveglia proprio davanti alla
stanza dov'è stata deposta Aurora e, smarrito, chiede informazioni
alle fatine con un solo cervello in tre, che prontamente gli aprono
le porte e insistono finché non si convince a baciarla. Ma come
c'era da sospettare, un bacio così poco spontaneo e motivato da
quella che pare sinceramente essere solo una cotta adolescenziale non
è sufficiente e Filippo se ne va con le pive nel sacco. Spiacente,
signore e signori, ma qui non è lui l'eroe e la scena classica
potete pure scordarvela.
Malefica,
che già una volta aveva tentato di annullare il sortilegio solo per
scoprire di aver lei stessa posto dei termini che le impedivano di
farlo, è sinceramente pentita e prima di andare ad affrontare le
truppe di Stefano, in lacrime, le dà un bacetto sulla fronte.
Sorpresa delle sorprese (ma anche no), Aurora si sveglia e sarebbe
prontissima a lasciare il castello e andare a vivere nella Brughiera
con la sua “fata madrina”, salvo per un piccolo particolare:
Stefano aveva messo al lavoro tutti i fabbri del regno per dotare il
suo esercito di alti scudi di ferro e far costruire una rete dello
stesso materiale, prontamente calata dal soffitto per catturare la
fata, che si ritrova nell'identica posizione in cui aveva trovato il
suo servo. In un ultimo, spettacolare ammiccamento al canone Disney,
per salvarsi Malefica trasforma Fosco in un drago che mette fuori
gioco gran parte delle forze nemiche e le strappa via la rete.
Intanto Aurora, nella sua inguaribile curiosità, aveva trovato la
stanza delle ali e, riconosciutele dalla descrizione che gliene aveva
fatto la fata, assai saggiamente fa cadere a terra la teca, dalla
quale queste scappano, dotate di vita propria, per ricongiungersi
alla schiena della proprietaria. Da qui in poi l'esito della
battaglia è scontato: Stefano aveva appena fatto in tempo a
chiederle malignamente come ci si sentisse ad essere una creatura
senza ali quando se ne riappropria e schiva abilmente tutti i colpi
dei soldati. L'unico momento in cui se la vede brutta è quello in
cui Stefano riesce a fermarla prendendole al laccio una caviglia con
una catena, ma nonostante il dolore Malefica riesce a tirarlo su di
peso e trasportarlo in un'altra area del castello. Vi dico solo che
si tratta di un luogo molto alto e che quando una sa volare i
parapetti importano ben poco. Mettete questi indizi insieme a quella
scena che vi dicevo, quella dell'involontario tuffo, e forse
comincerete a capire quale sia il destino del re.
Dopo
quest'epico scontro finale che a giudicare da certi passaggi è stato
chiaramente concepito per fare un effetto particolarmente intenso in
3D (ma io l'ho visto in 2D e non lo saprò mai), Aurora viene
proclamata regina della Brughiera, unificando così il regno degli
umani e quello delle creature fatate con Filippo al suo fianco, e la
voce narrante femminile che ci aveva accompagnati fin dall'inizio si
rivela essere la Bella Addormentata stessa, che col senno di poi
riconosce che per ottenere quel risultato non ci è voluto né un
vero eroe né un vero cattivo, ma qualcuno che è entrambe le cose.
In
conclusione, per essere un debutto alla regia è un film strutturato
bene: la prima parte della trama mi è parsa un po' debole e la
rappresentazione delle tre fatine caricaturale, ma sono rimasta molto
colpita dal fatto che il tutto sia come un cerchio che si chiude:
nulla è lasciato al caso, gli elementi che ritroveremo poi alla fine
ci sono già tutti all'inizio, basta solo un po' di pazienza per
accorgersene.
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