Un tessuto sì, ma di citazioni
Salve
a tutti, cari lettori. Oggi continuiamo la “gloriosa” tradizione
di prenderci ogni tanto un momento per parlare di libri, e lo
facciamo con un titolo che forse vi ricorderà qualcosa: si tratta
del secondo nella serie di Cormoran Strike, firmata Robert Galbraith
alias
J.K.
Rowling, col cui primo volume avevo inaugurato tempo fa il mio
angoletto delle recensioni.
Prima di addentrarci a parlare della trama, che preferisco
accennarvi a pennellate veloci per non cadere nel rischio di
rovinarvi la sorpresa finale (ed è una sorpresa, fidatevi:
conoscendola, sapevo fin dall'inizio che il finale sarebbe stato del
tutto insospettabile, ma le mie congetture si fermavano lì),
soffermiamoci un momento sul titolo. Con questo secondo episodio sta
cominciando a formarsi uno schema ricorrente: sospetto che da qui in
poi su ogni copertina figurerà il nome di un animale e che la
connessione tra esso e il contenuto non sarà mai immediatamente
evidente.
Rispetto alla perplessità che aleggia su quasi tutto il primo
volume, in cui non si scopre se non molto più avanti cosa c'entri il
cuculo, tuttavia, stavolta almeno il mistero del titolo è risolto
presto: Il
Baco da Seta
è un riferimento al manoscritto di un romanzo che fa da perno
all'intera storia, che l'autore aveva battezzato Bombyx
Mori,
ovvero il nome scientifico dell'insetto, che però nel contesto
diventa il nome del protagonista, il quale non si sente affatto a
disagio nel suo mondo con una denominazione del genere, dato che
anche gli altri vantano un'impressionante collezione di nomi e
soprannomi di varia natura uno più strano dell'altro: Succuba,
Zecca, Tagliatore, Vanaglorio, Arpia, Epicoene e (preparatevi al
peggio) Phallus Impudicus, a sua volta un nome scientifico, però di
un fungo velenoso.
Pare quasi che la nostra autrice, che stavolta passa
dall'ambiente dei flash fotografici a uno che conosce ancora meglio,
quello dell'editoria, abbia trasferito sulla vittima, Owen Quine,
scrittore di fama scarsa e opinione di sé altissima, l'abitudine dei
nomi tematici: alla lista di nomi di uccelli per stavolta si aggiunge
solo il vezzeggiativo della figlia di lui, Orlando “Dodo” Quine
(sì, è femminile, lunga storia), una ragazza con gravi disturbi
dell'apprendimento che a ventiquattro anni aveva dato a Strike, da
come ne parlava la madre, l'impressione di una bimba di non più di
dieci, e per di più nel corso del libro si specifica per benino
l'origine reale del nome di Cormoran, che non ha quella famigerata T
finale perché con i volatili non c'entra proprio nulla ed è invece
il nome di un gigante del folklore britannico (un brutto colpo alla
mia teoria dei pennuti, ma comunque un nome parlante nel suo solito
stile, vista la stazza del detective: nomen
omen,
come sempre!). Particolarmente intelligente, poi, la scelta di un animale estinto e incapace di volare nonostante la sua appartenenza alla classe degli uccelli: sarà anche questo un riferimento alla disabilità del personaggio?
In comune con l'altro libro c'è
il fatto che anche questa storia di omicidio non comincia come tale:
se quello di Lula Landry era stato liquidato come suicidio, quello di
Quine inizia come un caso di persona scomparsa, con la moglie,
Leonora, che si presenta nell'ufficio di Strike per chiedergli di
ritrovarlo. Owen è un pessimo marito, il perfetto ritratto
dell'artista capriccioso, ed è normale che sparisca dalla
circolazione per alcuni giorni per poi tornare, ma ne sono passati
già dieci, più del solito, e lei decide di rivolgersi al nostro
eroe, che nel frattempo, con la notorietà acquisita dopo il caso di
Lula, ha cominciato a farsi una discreta fama e lavora
incessantemente, per lo più come pedinatore di coniugi presunti
infedeli.
Nell'andarsene,
Owen ha portato con sé il manoscritto del suo ultimo romanzo, Bombyx
Mori,
per l'appunto, che se fosse pubblicato rischierebbe a quanto pare di
causargli una pioggia di problemi legali: dietro ognuno di quei nomi
improbabili si nasconde infatti, neanche troppo mascherata, una
riconoscibilissima persona reale, dalla moglie all'amante,
dall'editor a uno scrittore rivale, alcune accusate anche di fatti
gravissimi (uno su tutti: Quine insinuerebbe che sia stato lo stesso
marito, Michael Fancourt, a scrivere una parodia anonima che tempo
addietro aveva spinto la sua prima moglie al suicidio). Uno scritto,
insomma, che gli procurerebbe parecchi nemici se fosse stampato e
distribuito al grande pubblico.
L'indagine
subisce una svolta quando è Strike stesso a ritrovare il cadavere di
Quine proprio in un luogo dove la moglie si professava convintissima
che non fosse, perché per quanto ne sapeva lo odiava e non vi
metteva piede da anni. Non solo la natura del caso cambia da
sparizione a omicidio, ma il crimine è avvenuto riproducendo
esattamente la modalità della morte del protagonista di Bombyx
Mori,
chiaro autoritratto, ponendo così il colpevole necessariamente nella
rosa di coloro che l'hanno già letto (che purtroppo non sono pochi).
Breve ma necessario interludio: se non vi dico di preciso come muore
Owen, è per metà per evitare spoiler e per metà per non vomitare
sulla tastiera. Rispetto a colei che autocensurava il suo immaginario
per adattarlo a un pubblico giovane e aveva inventato come picco di
malvagità un incantesimo in grado di dare una morte veloce, pulita e
senza tracce, Il
Baco da Seta è
un romanzo davvero molto crudo. Pare quasi che la Rowling stia
tirando fuori in un colpo solo tutto lo schifo che si era tenuta
dentro per non impressionare i bimbi innocenti che sognavano
l'undicesimo compleanno per andare a Hogwarts. Non sono
particolarmente schizzinosa, perlomeno quando leggo (i film sono
un'altra storia, provo molto meno ribrezzo con la carta che con la
pellicola), ma ho trovato l'assassinio di Quine assolutamente
disgustoso. Lettore avvisato, mezzo salvato. Simili avvertimenti andrebbero
apposti anche per quanto riguarda il linguaggio, che è (al solito)
molto più pieno di “Vaffanculo” rispetto alla saga del maghetto,
e per i riferimenti sessuali, che di necessità abbondano, perché i
romanzi di Quine sono in generale parecchio espliciti. Vale la pena
di andare avanti, se non vi scandalizzate, ma non dite che non ve
l'avevo detto.
Tra
copie di Bombyx
Mori
che circolano e ricerche sui lavori precedenti di Owen, il libro
diventa un interessante sistema di scatole cinesi, con i personaggi
di un'opera letteraria che ne divorano e citano in continuazione
altre, sia reali sia di fantasia, e per di più con ogni capitolo che
si apre con una breve frase tratta da un libro che, a saper leggere
tra le righe, ne anticipa il contenuto. Altro che seta, questo è un
tessuto, certo, ma d'intertestualità. Tanto di cappello.
Ricordate
l'appunto di poco conto che avevo fatto a Il
Richiamo del Cuculo,
secondo cui gli interrogati ricordavano troppo e troppo bene? Ho come
l'impressione di non essere stata l'unica a notare il difettuccio,
perché stavolta “Robert” ovvia al problema alla radice, per
prima cosa ponendo il fattaccio a distanza di meno tempo, e secondo,
premurandosi di far specificare quando necessario ai personaggi,
spontaneamente o in risposta a domande precise, qualcosa del tipo:
“Sono sicuro che sia così perché...” e via dicendo, con il
testimone di turno che collega plausibilmente il dettaglio richiesto
a un altro fatto che è certo di rammentare.
Parallelamente all'indagine, tra
acute interviste più simili a partite a scacchi che a colloqui in
cui Strike calcola attentamente ogni mossa per cavare dai conoscenti
e colleghi della vittima più informazioni possibili e pian piano
tratteggia una complessa storia di dissapori personali e letterari
che danno dell'universo della carta stampata l'impressione di una
vasca piena di squali, stratagemmi per infiltrarsi come ospite
aggiuntivo a feste a cui non era stato invitato e un paio di
concitate scene in auto con un'inedita Robin passione stuntwoman al
volante, prosegue anche la vita personale dei nostri eroi, nelle
quali si profilano all'orizzonte ben due matrimoni. Da una parte c'è
quello di Robin con il noiosiss... ehm, rispettabilissimo Matthew,
che viene rimandato a causa della morte della madre di lui, stavolta
per cause naturali, e dall'altra quello di Charlotte Campbell, la
bellissima e altolocata ex di Cormoran, che finisce addirittura sulla
copertina di un giornale di gossip per la sua unione con un visconte
che pare non aver nulla da invidiare al Royal Wedding tra William e
Kate, che peraltro fa da sfondo al romanzo, dato che la storia si
svolge in quel periodo, e addirittura aiuta Strike a ricordarsi
dell'esistenza di una pista inesplorata perché, per una coincidenza
furbescamente architettata dall'autrice, un personaggio porta lo
stesso nome della sorella di Kate. Tra alti e bassi vari, sembra che
alla fine sul fronte sentimentale siano entrambi messi meglio di
com'erano partiti: Charlotte ricorre a un ultimo, disperato tentativo
di tornare tra le braccia di Cormoran alla vigilia del fatidico sì,
ma lui dimostra finalmente di avere la forza di volontà di ignorare
il suo SMS, lasciarla al triste destino che si è scelta da sé e
cominciare a guarire dalle ferite lasciate dalla loro relazione
malsana, mentre Robin, che inizia a rendersi conto di quanto
l'atteggiamento del fidanzato ostacoli il suo lavoro e reprima la sua
indipendenza, prende il coraggio di confessare a Matthew la portata
del suo amore per l'investigazione, che esisteva già da prima di
Strike e non dev'essere dunque motivo di gelosia, e ottiene un certo
grado di ammorbidimento da parte di lui, che comunque non ne è
entusiasta. Se si arrenderà del tutto per il bene del loro futuro
matrimonio o se si lasceranno prima dell'altare è ancora tutto da
vedere. Venghino, venghino, signore e signori, si accettano
scommesse!
E così, con i sostenitori
di un eventuale futuro sviluppo romantico tra i protagonisti ancora
pieni di speranze e Robin che aspetta con ansia che cominci il corso
d'addestramento offertole dal capo, dal valore ben più ufficiale di
qualche sparuto incarico lontano dalla scrivania, mettiamoci in
attesa anche noi, sì, ma dell'uscita del terzo episodio...
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